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Molti di coloro che soffrono di pseudoalitosi o di alitofobia hanno avuto nell'infanzia un genitore che soffriva di alito cattivo e al raggiungere della maturità hanno sviluppato la preoccupazione di avere ereditato la caratteristica. I soggetti alitofobici possono interpretare specifici comportamenti delle persone con cui entrano in relazione come indicazione del proprio maleodore orale. L'interlocutore che si copre il naso, gira la testa dall'altra parte, arretra un poco, convince l'alitofobico sull'offensività del proprio alito. E' stato dimostrato, invece, che questi gesti non rappresentano reazioni al cattivo odore emanato da un'altra persona, sono compiuti incidentalmente, spesso senza una specifica ragione, ma sono male interpretati dall'alitofobico.
L'uso dell'Halimeter®
(vedi)
per testare la quantità effettiva di composti volatili solforati
è fondamentale per
i pazienti con pseudoalitosi o alitofobia. Come è fondamentale in quei casi in cui, al contrario, il
paziente è stato accompagnato a visita da un parente ed è personalmente
convinto di non avere alcun disturbo. Se il problema è di natura psicologica
andrà spiegato chiaramente il risultato negativo degli accertamenti
diagnostici. Il paziente alitofobico in genere rifiuta il bisogno di assistenza psicologica, egli non ha dubbi sul fatto di essere affetto d'alitosi e pertanto non riconosce l'origine psicologica del proprio disturbo. E' importante in questi casi usare molto tatto e dare al paziente tutte le informazioni necessarie perché si convinca a farsi assistere, altrimenti egli comincerà a consultare uno specialista dopo l'altro. |
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